
Rieccomi con il quinto appuntamento con L’angolo Vintage 2.0, Rubrica ideata da Chiara La lettrice sulle nuvole. Chi ha avuto modo di seguirmi sa già che l’iniziativa si pone come obiettivo quello di costringerci a prendere in mano quei titoli che da tempo “immemorabile”, pur essendo presenti nelle nostre TBR, restano lì ad aspettare di essere sottratti al triste destino di vedersi preferire altre letture.
Ogni 17 del mese verrà pubblicata la recensione del titolo fortunato.
Vi avevo già anticipato a Dicembre che la scelta era stata molto semplice e avevo individuato senza difficoltà il libro di cui vi avrei parlato a Gennaio: Open. La mia storia di Andre Agassi.
Anno edizione: 2011
In commercio dal: 26 aprile 2011
Pagine: 502 p.
Descrizione: Costretto ad allenarsi sin da quando aveva quattro anni da un padre dispotico ma determinato a farne un campione a qualunque costo, Andre Agassi cresce con un sentimento fortissimo: l’odio smisurato per il tennis. Contemporaneamente però prende piede in lui anche la consapevolezza di possedere un talento eccezionale. Ed è proprio in bilico tra una pulsione verso l’autodistruzione e la ricerca della perfezione che si svolgerà la sua incredibile carriera sportiva. Con i capelli ossigenati, l’orecchino e una tenuta più da musicista punk che da tennista, Agassi ha sconvolto l’austero mondo del tennis, raggiungendo una serie di successi mai vista prima.
Recensione
Maryella B.
Ho sette anni e sto parlando da solo perché ho paura e perché sono l’unico che mi sta a sentire. Sussurro sottovoce: Lascia perdere, Andre, arrenditi. Posa la racchetta ed esci immediatamente da questo campo. Entra in casa e prenditi qualcosa di buono da mangiare. Gioca con Rita, Philly o Tami. Siediti vicino alla mamma che lavora a maglia o compone uno dei suoi puzzle. Non ti sembra bello? Non sarebbe magnifico, Andre? Semplicemente lasciar perdere? Non giocare a tennis mai più?
Ma non posso. Non solo mio padre mi rincorrerebbe per tutta la casa brandendo la mia racchetta, ma qualcosa nelle mie viscere, un qualche profondo muscolo invisibile me l’impedisce. Odio il tennis, lo odio con tutto il cuore, eppure continuo a giocare, continuo a palleggiare tutta la mattina, tutto il pomeriggio, perché non ho scelta. Per quanto voglia fermarmi, non ci riesco. Continuo a implorarmi di smettere e continuo a giocare, e questo divario, questo conflitto tra ciò che voglio e ciò che effettivamente faccio mi appare l’essenza della mia vita.
Decisi di acquistare Open. La mia storia circa quattro anni fa: in uno dei soliti pomeriggi passati dai miei figli a svolgere i compiti per casa, il più grande mi chiese di ascoltare il brano di antologia che stava studiando e l’aneddoto riportato da quell’estratto mi colpì così tanto da spingermi a voler leggere tutto il libro.
Purtroppo i buoni propositi non ebbero un grande seguito – come avrete ben capito, altrimenti non saremmo qui a parlare di questa storia – ma per fortuna la Rubrica mi ha offerto l’opportunità di rimediare ai miei errori. Sì, perché di errore si è trattato: non leggere la biografia di Andre Agassi si traduce nel negarsi un’esperienza appassionante e carica di intense sollecitazioni emozionali.
Open. La mia storia non è solo un racconto costruito sui fatti: è la sintesi perfetta tra il viaggio all’interno degli eventi di una vita e l’abile capacità di decifrare – per poi afferrare, aggrappandovisi tenacemente – tutto il proprio universo emotivo, riuscendo a entrare in contatto con la complessità delle umane imperfezioni. Quelle imperfezioni che, mettendo a nudo se stesse, trovano un linguaggio universale e riescono ad aprire un immaginario, ma quanto mai tangibile, portale comunicativo tra il mondo carico di deformità – ma anche bellezza – di quell’ipnotica voce che sostiene tutta la narrazione e gli istinti, parimenti imperfetti, che si agitano in ognuno di noi. È una scoperta continua; una conquista suggestiva in cui si sommano le fragilità, le tare, lo sconforto, la sensazione di inadeguatezza, la solitudine, le rivelazioni insospettabili e la sfida perenne con un avversario che non si trova dall’altra parte della rete ma dentro di sé.
Nello spogliatoio fisso la mia immagine riflessa nella coppa. Mi rivolgo al trofeo e a quel riflesso distorto: Tutto il dolore e la sofferenza che mi hai provocato.
Sono spaventato dal mio stordimento. Non mi dovrebbe importare così tanto. Non dovrei essere così contento. Ondate di emozione continuano a sommergermi, provo sollievo, euforia e perfino una sorta di isterica serenità, perché mi sono finalmente assicurato un attimo di tregua dalle critiche, soprattutto da quelle che mi rivolgo da solo.
Le imprese di Andre Agassi hanno segnato la storia del tennis, ma l’uomo Agassi è ben diverso dal campione: è la conseguenza di un destino preordinato sin dall’infanzia; è il risultato di un gioco di feroce accanimento disputato da un padre anaffettivo e tiranno. Le pretese – e le aspettative di Mike Agassi – segnano non solo la vita del figlio, al quale viene negata una giovinezza normale, ma soprattutto ne tormentano l’anima, dilaniata tra l’odio per uno sport che gli ha sottratto tantissimo e l’incapacità di abbandonare il campo. Una sorta di doppio legame, fatto di amore e insofferenza, che ne marchierà a fuoco le scelte, portandolo a compiere imprese eccezionali e a subire sconfitte altrettanto memorabili, nelle quali si confrontava con una sofferenza straziante, perché perdere è morire e la sconfitta lascia più cicatrici di quante una vittoria possa sanarne.
[…] ho la sensazione di essere stato messo a parte di un piccolo, ignobile segreto – vincere non cambia niente. Adesso che ho vinto uno slam, so qualcosa che a pochissimi al mondo è concesso sapere. Una vittoria non è così piacevole quant’è dolorosa una sconfitta. E ciò che provi dopo aver vinto non dura altrettanto a lungo. Nemmeno lontanamente.
È un’incessante ricerca di conferme quella che Andre rincorre ed è una sceneggiatura, la sua esistenza, in cui si trova a interpretare il ruolo del ribelle, capace di catalizzare su di sé, a fasi alterne, l’ammirazione ma anche la riprovazione dell’opinione pubblica; un copione che è fatto di esteriorità e menzogne e in cui giganteggia il bisogno di trovare una direzione, di approdare a un porto sicuro rappresentato anche da una figura paterna che sappia prepararlo al cammino, dandogli gli input giusti, sostenendolo ma scuotendolo quando è necessario. Ed è in Gil Reyes che trova tutto ciò: non solo un mentore ma, soprattutto, un riferimento affettivo che sostituisce quel padre che gli è stato sottratto dal delirio visionario di un’ambizione ossessiva e incessante.
Gli spiego che la mia vita non mi è mai appartenuta neppure per un giorno. È sempre stata di qualcun altro. Prima mio padre. Poi Nick. E sempre, sempre il tennis. Perfino il mio corpo non era mio prima che incontrassi Gil, che sta facendo quello che dovrebbe essere il compito di un padre. Rendermi più forte.
Perciò, Gil, qui con te e con la tua famiglia mi sento al mio posto per la prima volta nella vita.
Non dire altro. Non te lo domanderò mai più. Buon Natale, figliolo.
L’uomo è in grado di ridefinire la prospettiva di Andre: gli offre un altro punto di vista e lavora, con parole e fatti, per ridisegnare la toponomastica dei radicati convincimenti del giovane campione. È necessario spostare il baricentro e trovare un diverso equilibrio che ne ispiri non solo il gioco, ma, soprattutto, la condotta interiore.
Ed è proprio questo il valore aggiunto di Open. La mia storia, l’attitudine a farsi metafora di vita, a stimolare riflessioni e lasciar filtrare messaggi universali, la cui potenza espressiva ha il fragore dell’intelligente lungimiranza di saper esplorare gli spettri che ammorbano lo spirito di un individuo. È una saggezza consapevole quella che prende forma nelle parole di Gil, ma anche di Brad Gilbert- altra persona che affiancherà Andre nel suo percorso di salita e cadute -, una saggezza che raggiunge il lettore e lo pone di fronte a una realtà spiazzante: quelle stesse parole, seppur per motivi diversi, sono valide e autentiche per chiunque.
Brad dice che il mio problema fondamentale, il problema che rischia di mettere prematuramente fine alla mia carriera – il problema che sembrerebbe un’eredità di mio padre – è il perfezionismo.
Cerchi sempre di essere perfetto senza riuscirci, dice, e questo ti fa andare fuori di testa. La tua fiducia in te stesso è distrutta e la colpa è del perfezionismo. Cerchi di fare di ogni tiro un vincente, quando essere costante, continuo, terra terra, ti basterebbe per vincere il novanta per cento delle volte. […]
Smetti di cercare il colpo del ko, dice. Smetti di tentare ogni volta di coprire tutte le basi. Devi semplicemente trovare continuità. Prima base, seconda base, vai avanti. Smetti di pensare a te e al tuo gioco e ricordati che il tizio dall’altra parte della rete ha dei punti deboli. Attacca i suoi punti deboli. Non devi per forza essere il migliore al mondo ogni volta che scendi in campo. Devi essere soltanto meglio di un’unica persona.
Riuscire a ricostruire l’intreccio di questa storia sarebbe impossibile, vuoi per i tanti momenti fissati in ognuna delle pagine sia – o forse, in particolare modo – per la sincera e altrettanto controversa confessione che ne trasfigura le fattezze, facendone più di una retorica biografia scandita da azioni, che per altro sarebbe semplice ritrovare attingendo, per fare l’esempio più facile, alle notizie messe a disposizione su wikipedia. E, in fondo, non penso che una mera scansione degli eventi possa attrarre e appassionare un lettore, anche tra coloro che amano il tennis, come riesce a farlo, invece, entrare nel cuore pulsante dell’intimità di uomo – non sempre ammirevole, ma spesso discutibile -, nel viverne i sentimenti, nello sperimentare i legami che riesce a creare…
Le sfumature di cui si tinge questo memoriale ne fanno quasi un romanzo di formazione da cui fluiscono lo struggimento del non sapersi reggere in piedi, del disorientamento psicologico e delle prigionie da cui non si sa come liberarsi. È un percorso di crescita non solo agonistica, ma altresì umana, che suscita emozioni contrastanti, non sempre di ammirazione, ma anche di sgomento e biasimo, ma che in nessun momento lascia indifferenti. Sento che non è nelle mie capacità riuscire a fissarne luci e ombre, tante sono le sferzate a cui è sottoposto chi si avvicina a questa lettura, ricca di una carica quasi antropologica nella sua prerogativa di farci conoscere noi stessi mentre ci si confronta con le vicende di altri uomini: perché in fondo esiste un nucleo primordiale immutabile da cui ognuno di noi è composto e verso il quale siamo irresistibilmente attratti. Ma l’ inclinazione di Open. La mia storia a rendere disponibile a chiunque la propria essenza più profonda è da attribuire anche alla meravigliosa ed evocativa prosa di J.R. Moehringer, giornalista premio Pulitzer, che ha curato la stesura del libro: ogni parola acquisisce energia vitale e lo stile, segnato da frasi brevi, non lascia mai ristagnare la narrazione che è sempre dinamica e avvincente. Saper tradurre un arido grafema in emozione pura si deve senza dubbio al talento di questo scrittore che Sa come cogliere l’anima vibrante di una persona che al di là del suo inusuale ruolo pubblico condivide con gli altri la stessa umanità.
Il voto finale, però, non raggiunge il massimo delle stelline, nonostante questa storia racchiuda tutto ciò che cerco quando mi avvicino a una lettura: salta un mezzo punto a causa del cambio di registro che sul finale ho trovato avesse una diversa fisionomia, caratterizzata da una componente un po’ più melensa e autoreferenziale. Ma posso dirmi felicissima e più che soddisfatta.
Ora vado a spulciare nella mia libreria per scegliere il libro che mi farà compagnia a Febbraio e v
i ricordo che, come sempre, insieme a me, oltre a Chiara, hanno aderito anche altre Blogger con le quali mi sono già confrontata grazie ad altre iniziative. Se volete seguirci potete trovare i loro articoli nel banner dei Blog partecipanti, per il quale ringrazio Dolci Le mie ossessioni librose-.
Se vi va unitevi a noi: saremo felici di allargare il nostro gruppo.
Vi aspettiamo su Facebook.

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Correlati
È uno dei pochissimi libri che abbia letto mio marito (che non tratti del suo argomento preferito: la spiritualità) e che mi consiglia da anni,ma a cui io ancora non do una possibilità!
Mi hai convinto a dargliela 🙂🙂🙂
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Allora sarà contento tuo marito 😉
Se trovi tempo leggila penso non ti deluderà perché è qualcosa di diverso da quello che ci si aspetta
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Affermazioni del genere fanno rischiare divorzi e sseparazioni perché se lo dice lui non ascolto e se lo dice una blogger amica invece si 😂
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ahahahhahahhah
Ma noi siamo furbe e non sveleremo al marito che qualcun altro ci ha messo lo zampino 😉
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non amo le biografie ma ho sempre e solo sentito parlare bene di questo libro e le tue parole sono un’ulteriore conferma. La lista si allunga
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Non posso che consigliartelo: le biografie non attraggono nemmeno me, anzi. Però questa ha una serie di caratteristiche che la rendono speciale
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Per quanto io stimi Agassi (e a suo tempo era anche un gran bel figliuolo) non amo tantissimo le biografie dei personaggi famosi. Non so perchè ma a meno che non siano Biografie di personaggi storici qualcosa mi blocca. Sono contenta che per te sia stata una bella lettura…
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Ti capisco, io sono la prima a darsela a gambe quando si parla di biografie, ma questa ha quel quid in più che mi ha reso appassionante e piena di emozione la lettura
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anche io non sono un’amante del biografie, però come Chiara ho sentito parlare benissimo di Open. chissà se dovessi mai cimentarmi con questo genere lo potrei prendere in considerazione!
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Siamo in sintonia perché nemmeno io amo le biografie e non avrei preso in alcuna considerazione questo libro se fosse stato per la questione “studio” di mio figlio: quel brano mi ha colpito tantissimo perché racchiudeva più del racconto di un episodio della vita del piccolo Agassi.
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Mi accodo alle altre, purtroppo le biografie non fanno per me ci ho provato ma con scarsi risultati ma è bello che questa rubrica spazi sui vari generi e soprattutto ci permetta di recuperare titoli che altrimenti aspetterebbero ancora per chissà quanto
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Anche per me vale la poca disposizione verso le biografie, ma in questo libro ho trovato molto di più di quanto mi aspettassi: se dovessi decidere di dargli un’opportunità penso rimarresti sorpresa anche tu
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Non sono molto attratta dalle biografie, specie da quella di sportivi
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Hai ragione, per me vale la stessa cosa, ma questo libro ha qualcosa di speciale: il taglio conferito alla narrazione lo rende appassionante e ricco di messaggi ed emozioni. Puoi sempre provare a leggere l’estratto e decidere: lo stile è coinvolgente e ti trovi immerso in una storia che non ti aspetteresti.
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Anche io ho questo libro che aspetta da tempo. Mi spaventa però
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Se trovi tempo buttati, penso non te ne pentirai
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Io ho Open da più di 4 anni e non l’ho ancora letto. Ho spulciato una sera le prime pagine mentre aspettavo che mio figlio prendesse sonno e quello che ho letto mi è piaciuto, quindi sono sicura che sia un’autobiografia molto interessante….prima o poi la prenderò sicuramente in mano!
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Sì, confermo che è molto interessante e ha un taglio particolare che appassiona e sorprende
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Sarò l’ennesima a ripetersi con il suo commento, ma anche io non ho mai provato alcuna attrattiva nei confronti delle biografie… Tuttavia, posso dire che questa in particolare mi ha stupita: già dalle tue parole si intuisce l’immensa gamma di sentimenti che si dipana tra le pagine di “Open. La mia storia” e, lo confesso, non me lo sarei mai aspettata! 😀
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Siamo tutte sulla stessa linea d’onda: anch’io non ho particolare propensione per le biografie e se non fosse stato per quel brano letto grazie a mio figlio non mi sarei mai avvicinata nemmeno a questa. E confermo che è molto ma molto di più di quello che ci si aspetterebbe
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Non amo l’ambito , ma sono curiosa di leggerlo.
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Sì, sono d’accordo con te, ma se dovessi decidere di dargli un’opportunità vedrai che totalmente diverso da quello che ci si aspetta
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Amo le biografie soprattutto quelle non autocelebrative come questa.
A presto!
Vicky
😊
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Grazie per essere passata
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💝💝💝
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